IL Pizzo del Morto

I nostri nonni e i vecchi di quell'epoca, ci raccontavano che attorno alla metà deI 1800, quando l'alpinismo era ai suoi albori e fra le vallate alpine, circolavano i racconti delle imprese di grandi scalatori come Carrel, Whimper e molti altri, un alpinista valligiano volle scalare quel pizzo in territorio di Varzo, che si trova fra il Bauz a ovest, e la Sc-cengia 'd Marzasc-cia a est.

É, quel pizzo, un torrione granitico che emerge dall'Alpe di Bauz, terminando con un piano inclinato; mentre da Solcio, guardando a sinistra deI Canalone, si presenta a forma di cuspide. DeI nostro alpinista, il cui nome, per montanara ritrosia, non era stato tramandato, dicevano che un mattino, munito di una piccozza, di una grossa e robusta corda di canapa, con ai piedi gli abituali scarponi chiodati, partì da Solcio e risalito il Canalone, si trovò ai piedi della parete rocciosa.

Forte del coraggio, dell'esperienza e della prestanza fisica di cui era dotato, con prudenza e con calma, attaccò la montagna. Saliva adagio, scegliendo gli appigli e le sporgenze su cui appoggiarsi. A tratti la roccia era ripidissima, a tratti piu facile.

Le piccole cenge erbose si alternavano a zone friabili ed infide, dove il piede scivolava sul terriccio umido. Il sole si era alzato all'orizzonte e il nostro montanaro continuava a salire.

Ora la parete si era fatta piu liscia e piu scoscesa e l'uomo, abbracciato alla roccia, vi aderiva talmente col corpo, che sembrava un tutt'uno con la montagna.

Il ritmo di salita era rallentato ed egli si era fatto piu guardingo e piu concentrato nei movimenti: uno sbaglio, e sarebbe volato oltre quegli spuntoni, giù fino al pratone sottostante e per lui sarebbe stata la fine.

Trovo una stretta sporgenza e si fermò, in equilibrio precario, a prendere fiato.

Si era imposto, fino a quel momento, di non guardarsi attorno per non distrarsi.

Ora guardò in basso e non potè fare a meno di essere percorso da un brivido: come erano piccoli, sotto di lui, i larici, i massi deI Canalone, le baite là, in fondo ai prati!

Alzo il capo e guardo verso la cima: era ormai vicinissima; più di quanto si sarebbe immaginato. Si sentì rinfrancato.

I tiepidi raggi deI sole mattutino gli diedero nuova energia e ricominciò a salire, lento ma sicuro. Avanti, con attenta cautela; un appiglio... una sporgenza... ancora pochi metri e sopra di lui, solo il cielo! Era arrivato sulla vetta!

Una gioia calma e profonda lo invase, e anche una punta di orgoglio: era il primo. Lui, il primo ad aver conquistato quella cima.

Si guardo attorno, su quel pianoro inclinato e subito vide qualcosa che lo lasciò fra lo sbigottito e l'inorridito.

Sbiancate dalle nevi e dal sole di parecchie stagioni, adagiate sui sassi piatti, vi erano le ossa e il cranio che dalle dimensioni, certamente erano appartenute a un fanciullo.

Chi poteva essere stato? Che cosa fu di lui su quel pizzo?

Probabilmente un pastorello, molti anni addietro, lasciato incustodito il gregge a lui affidato e attratto dalle Stelle Alpine che crescevano abbondanti sul costone verso Bauz, avrà incominciato a salire... a salire...

Si sarà trovato poi, ai piedi di una facile parete rocciosa; ma era un ragazzo; curioso, forte, spensierato e avrà continuato a salire. É così faciIe, certe volte!

Arrivato in cima, anche lui si sarà guardato intomo, avrà visto giù in basso, le capre deI suo gregge, piccole piccole nei prati; avrà giocato con Ie Stelle Alpine.

Ma quando avrà deciso di scendere, non ne è stato più capace, non ne ha avuto più il coraggio.

Chissa quanto gridare... quanto piangere... quanta fame... quanta sete... e poi, piano piano, quanto sonno!!

E da quel sonno non si svegliò più.

Ora, il montanaro che si era sentito così orgoglioso di aver vinto per primo quel pizzo, capì di non essere più il primo. Qualcuno inconsciamente l'aveva preceduto e aveva pagato con la vita il suo ardimento.

Si sentì triste, ma non per sè; per quel piccolo pastore che con giocosa imprudenza aveva sfidato la montagna.

Raccolse con calma Ia corda, la fece passare attorno ad un solido spuntone, e incominciò adagio, la discesa a corda doppia.

A sera, rientrò fra le baite e raccontò la sua scalata e la sua triste scoperta.

Da quel giorno, e ancora oggi, per i Valdivedrini, quel pizzo si chiama: Pizzo deI Morto.